COME ALLENARSI NELL'ERA DELLA DISMISURA?!
Aggiornamento: 11 gen
La mia metamorfosi di pensiero in merito a quale sia la modalità ideale di approcciare l’allenamento di se stessi è ancora in atto e ancora oggi mi sento a volte inquinato da quella voglia, assimilata inconsapevolmente in giovanissima età, di volume, intensità e dolore.
Come sempre fatico a parlare di questi temi senza provare a contestualizzarli nell’ambito di pensiero che caratterizza l’uomo oggi, la prima parola che mi viene in mente è concorrenza. Concorrenza spietata ovunque ed espressa sia nel singolo sia nelle formazioni socio-economiche, tutto è sfida, tutto è gara, tutto è “io devo essere meglio di te”.
All’interno di un paradigma così guerresco ed aggressivo è molto facile che si sviluppi e diffonda una volontà di dominio attraverso la forza e l’apparenza, in fondo chi vuole dominare non ha desiderio di essere grosso e di voler dominare con la sua forza incontrastabile?
Il secondo concetto che fa da sfondo ai grossi “errori evolutivi” che ho compiuto e compio tutt’ora è quello legato alla ricerca illimitata. Come i filosofi ci raccontano noi viviamo in un età di stampo nichilista in cui la volontà di potenza dell’uomo si esprime nel suo comportamento compulsivo di ottenimento di risultati materiali senza un limite, senza una misura. Questa misura, che i greci conoscevano meglio, viene dimenticata, ed ogni processo, anche quello di allenamento, viene spinto sempre e comunque verso un limite che si trasforma costantemente negando la sua effettiva esistenza.
Per disegnare concretamente questo ultimo pensiero ci basti osservare i culturisti professionisti di oggi rispetto a quelli di 50 anni fa, cosa è cambiato? La distorsione dell’equilibrio naturale del corpo umano nelle sue proporzioni è incessante ed esponenziale.
Per riuscire a riequilibrare la situazione e trovare un modo di allenare il proprio corpo senza farsi trarre in inganno dalla apparente necessità di “essere sempre più di” e non solo di “essere sempre più” dobbiamo fare un viaggio di riconnessione alla vera essenza del nostro corpo.
Cosa vogliamo veramente? Stare bene oppure dimostrare la nostra forza agli altri? Essere in salute e funzionali per aiutare chi ci circonda e non essere di peso a nessuno oppure apparire grossi e impressionare il prossimo?
Come sempre, e dico sempre, dietro ad ogni banale scelta quotidiana si nasconde l’unica domanda che fa vibrare la nostra anima: “Chi sono? Cosa sono qui a fare?”.
Mi convinco quindi ogni giorno di più che il destino dell’uomo sia quello di accorgersi attraverso tentativi, errori ed esperienze che nessuna scelta determinante potrà trascurare ed ignorare le domande radicali da cui sfociano tutte le risposte, molto spesso inconsapevoli. Attraverso il nostro modo di vivere le giornate e quindi anche di allenarci, che ci piaccia o meno, che sia consapevole o meno, esprimiamo il nostro modo di reagire alla vita.
Ancora oggi mi ritrovo a sentire la necessità di sottopormi ad allenamenti molto intensi per sentire il sangue nelle vene che dilata i miei muscoli, ancora oggi mi chiedo se ha senso fare un allenamento per il volume muscolare. Dopo allenamenti troppo intensi e troppo orientati al volume mi accorgo che l’infiammazione che procuro al corpo è eccessiva, probabilmente non realmente utile ad un miglioramento funzionale meccanico, emotivo e neurologico del mio corpo. La ricerca dell’equilibrio e della misura qui emergono come possibile chiave di lettura.
L’allenamento, come in generale il lavoro su di sé che tutti facciamo, in maniera più o meno volontaria, è paragonabile ad una ritmica goccia cinese. Si tratta di un processo di evoluzione, adattamento e miglioramento che si coltiva nel tempo, deve essere lento e inesorabile.
I principi cardine alla base di una pratica che vuole aiutare un corpo ad essere forte, funzionale, bello, equilibrato, intelligente, felice e reattivo sono la costanza, la misura, l’ascolto, la presenza, la qualità, la continuità, la volontà di stare bene, non la volontà di essere grosso, estremamente forte o sempre più forte di.
Sembra un discorso banale, ma non lo è affatto nella misura in cui tutti cadiamo in errore. Quanto voglio essere forte? Un corpo funzionale, che mi permetterà di vivere una vita in cui poter fare tutte le attività quotidiane in modo tranquillo e sereno, senza preoccupazioni, è un corpo che ha una forza che potremmo definire funzionale, quest’ultima NON è una forza esagerata e spaventosa, di conseguenza il mio allenamento dovrà essere misurato sulla base di questo presupposto.
Proviamo a definire con dei parametri indicativi dei prerequisiti perché un corpo possa essere definito sufficientemente forte per svolgere tutte le attività quotidiane senza alcun problema:
Camminare per 10 km senza soffrire particolari fastidi?
Sollevare delle casse di acqua pesanti e portarle al terzo piano?
Fare uno sprint per prendere il bus senza strapparsi?
Saltare giù da un muretto con agilità?
Arrampicarsi sulla tettoia per recuperare il calzino volato via per il vento?
Sedersi a terra senza fare alcuna fatica?
Sollevarsi da terra senza fare alcuna fatica?
Tenere in spalla un amico che si è slogato la caviglia durante un trekking nel bosco?
… potremmo andare avanti molto, ma abbiamo capito indicativamente la tipologia di intensità e abilità alla base della definizione di uomo funzionale…
A questo punto dobbiamo chiederci quante delle attività sportive praticate dalle persone per stare bene si occupano di costruire le basi per soddisfare queste esigenze e quante invece si inseriscono all’interno di schemi ben più specifici, complessi, specializzanti e rischiosi? La risposta la sappiamo tutti.
Sempre per osservare e comprendere la nostra direzione proviamo ad analizzare ogni gesto e comprendere quale sia e non sia il margine di interesse per un uomo comune.
Partiamo con il gesto di sollevare attraverso le braccia il proprio peso del corpo agganciati ad una sbarra, quale potrebbe essere un requisito minimo accettabile? Sollevarsi per 5-10 volte? Benissimo, il nostro target sarà costruire questo requisito e poi mantenerlo, questo cosa dice ai più prestanti però? In Termini di funzionalità quanto mi serve eseguire 200 ripetizioni di trazioni nel mio allenamento? Se parliamo di funzionalità umana e non di operatori militari, atleti che devono fare delle gare oppure persone che necessitano di dimostrare la loro superiorità attraverso la forza fisica la risposta è ovvia: non mi serve e inoltre rischia di sovraccaricare le strutture del mio corpo.
Passiamo al gesto di sollevare da terra degli oggetti e trasportarli, quanto devo saper sollevare da terra per garantirmi tutte le attività della vita comune? (compreso lo spostare il divano dalla cucina alla sala con l’aiuto del papà) La metà del mio peso corporeo per 5-10 volte? Vogliamo fare 2/3? Benissimo si lavora nel rispetto della biomeccanica umana per costruire questa forza/abilità. Domanda: Quanto mi serve in termini di funzionalità umana, allenarmi per sollevare il mio peso per 1.5 volte per 10 volte? Risposta: Non mi serve, serve per altri obiettivi NON legati al concetto essenziale di funzionalità. Una volta che si esce dal concetto essenziale di funzionalità tutto può essere funzionale in relazione alle fantasie del singolo individuo (es. voglio sollevare l’automobile di mio nonno Pino!).
Concludo questa sezione con un terzo esempio legato alla mobilità toracica necessaria per eseguire movimenti di torsione per afferrare oggetti posti dietro di noi mentre siamo seduti (come in auto per esempio, siamo sul lato guidatore e dobbiamo prendere il giubbotto situato dietro sul lato opposto). Anticipando il tema per cui è evidente che non si debba allenare ogni gesto possibile ed immaginabile che il corpo sarà posto a fare per fare che sia possibile senza danni o problemi, in questo caso la funzionalità e relativa “flessibilità” è quella che ci permette di eseguire il gesto preso per esempio senza alcuna difficoltà. Posto che nel gesto di rotazione e allungamento di un braccio non saremo mai totalmente vincolati nella parte inferiore e quindi la mobilità che entra in gioco non è mai solo quella del torace. Ora faremo la provocatoria domanda: può essere considerato sensatamente allenante dal punto di vista funzionale fare esercizi di mobilizzazione del torace vincolando e bloccando totalmente il bacino e ricercando una accentuata rotazione toracica? A voi lettori l’ardua sentenza.
Questo paragrafo non deve assolutamente essere preso come una provocazione o un’offesa a tutti coloro che si dedicano alle svariate attività sportive, di fitness, di movimento, tutte attività sacre perché espressioni più o meno artistiche che l’uomo utilizza per trovare un senso alla sua esistenza.
Questa sezione deve essere invece approcciata come un invito a porsi delle domande circa l’onestà, la trasparenza e la consapevolezza nell’ambito dell’allenamento. Perché ci alleniamo? Lo abbiamo stabilito? Il nostro approccio è in simbiosi con l’intenzione che ci siamo prefissati? I contenuti della pratica sono proporzionati alla mia visione? Quando pratico mi sottopongo a rischi che vale la pena di correre? Comprendo l’utilità effettiva di quello che sto facendo in relazione alle mie esigenze? Mi sono accorto di aver fatto una scelta di fronte al bivio funzionalità umana/prestazione e specificità prestativa?
Allenare la forza di uno schema non sempre significa eseguire il gesto “copiato e incollato” che poi costituisce la funzione finale.
Anche questo è un tema molto interessante che sicuramente avremo modo di approfondire attraverso una serie dedicata di interventi.
In linea generale il punto chiave è che le pratiche orientate al potenziamento di un corpo, per eseguire una serie di gesti ritenuti fondamentali per l’individuo, spesso hanno la necessità di non ripetere molte volte esattamente lo stesso completo movimento che poi si presenta nella vita quotidiana o nell’occasione specifica.
Questo apre un grande problema nella ulteriore definizione di ciò che veramente può essere utile, allenante, preparatorio e non distruttivo.
OGNI PERCORSO CHE RIGUARDA LA PRATICA DEL CORPO ACQUISISCE UNA DIMENSIONE MOLTO AMPLIFICATA QUANDO APPROCCIATO COME UNO STRUMENTO DI ESPANSIONE DELLA CONSAPEVOLEZZA DI QUELLO CHE FACCIAMO E PERCHE'.
