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FILOSOFIA COME MODUS-VIVENDI

Aggiornamento: 11 apr

Ogni modello di lavoro sensato e fondato si colloca sopra un substrato di interrogazioni radicali, ovvero domande che hanno la pretesa di arrivare alla radice dei problemi, nel limite degli strumenti e linguaggi disponibili.


Dopo un lungo percorso attraverso cui cercavo di scavare per arrivare all’essenza, all’origine, al motivo degli eventi e delle situazioni che descrivono il mondo, i miei disagi e quelli dell’uomo, sono approdato nell’isola che più ritengo vicina al paradiso terrestre, sto parlando della filosofia.


Diversi anni prima di raggiungere la maggiore età ho ascoltato molte conferenze, letto qualche piccolo libro e articolo e poi nel giro di un paio di anni ho terminato la lettura, e l’analisi del “mio” primo grande libro, che posso affermare avere aperto la mia visione ad un mondo straordinario, “il tramonto dell’Occidente” di Umberto Galimberti. Un libro che, nonostante descriva un simbolico tramonto, ha avuto un effetto di potente risveglio e illuminazione nei confronti della mia psiche. In tutto questo, un intreccio di moltissimi autori che si occupano di filosofia, esoterismo, disinformazione, comunicazione e molto altro sono stati di grande aiuto, all’età di circa sedici anni mi sono completamente immerso nella passione della lettura, facendo esperienza di come attraverso un libro si possa amplificare la propria capacità di intendere e interpretare gli eventi della vita.


Lentamente ho iniziato ad acquisire una visuale più ampia del panorama che vede l’uomo nelle sue peripezie dello spazio e del tempo.

L’umano, come ben descritto dai grandi pensatori, non può essere considerato solo come un animale, perché possiede quell’abilità di andare virtualmente oltre al tempo presente e soprattutto oltre alla materia, lo fa tramite gli affascinanti e numerosi processi di astrazione che producono una costante proiezione.


Questa proiezione amplifica la vita di ogni uomo, ma ha anche l’effetto di renderla maledettamente irrequieta, si configura come una rete di intuizioni trasposte sul piano psicologico e intellettuale da cui si dipartono centinaia di domande esistenziali più o meno consciamente riconosciute dall’individuo.


Al cospetto di questo apparente dualismo tra presente fisico e dimensione altra trascendente l’uomo inizia un’esperienza che possiamo definire come vita, un percorso che oscilla costantemente fra la capacità di interpretare ed attribuire significato al viaggio e nello stesso tempo l’abilità di convivere con la sicurezza implicita che rimarrà sempre un divario tra il nostro modo di vedere la realtà e la comprensione assoluta del mistero esistenziale che sperimentiamo.


E’ come se il prezzo da pagare per la caratteristica “spirituale” del trascendere la realtà immanente fosse l’inviolabile instabilità dell’essere umano.

La storia, spesso in modo superficiale e distorto, descrive il flusso degli eventi che coincidono con i tentativi delle masse e dei singoli di trovare una strategia più o meno consapevole per far fronte a questa instabilità.

Entrare in contatto con il concetto di instabilità della figura umana che si pone sulla linea tra la materia sensibile e le sue intuizioni di origine inspiegabile è un evento traumatico e rivelatorio al tempo stesso.

Il contatto diretto con questo aspetto dell’essere, con questa sensazione melanconica che ne deriva, molto spesso viene evitato dalle strategie stesse che si occupano di arginarlo, stiamo parlando delle migliaia di storie che gli individui si raccontano per ricondurre la loro esistenza in uno scenario accettabile e vivibile. Sovente in maniera non consapevole si dedica la vita ad una causa, si attribuisce un significato tramite modalità di approcciare il quotidiano che scacciano il senso di essere dominati da una componente inspiegabile, inconscia, non nitidamente descrivibile.


L’intuizione che ho avuto in questi primi anni di ricerca, nonostante ciò che ho indicato appena sopra, è che più ci allontaniamo dalle domande radicali, più evitiamo quel senso di disagio esistenziale, più copriamo la complessa opera controversa dell’uomo con banali forme del vivere quotidiano, più soffochiamo una complessità inspiegabile con una semplicistica visione materialistica, più saremo portati ad essere dominati inconsapevolmente da quell’originario senso di disorientamento che si ripropone e riprogramma in sensazioni di carenza ben più lontane dalla loro forma primaria.


La nostra società odierna ci regala un ambiente molto valido per lavorare su questo aspetto, un ambiente che costantemente ci spinge nella direzione della superficialità ci permette di adoperarci per creare un forte contrasto, che acquisisce un significato più profondo proprio perché scaturito dalla capacità critica dell’individuo.


Ricominciare lentamente ma incessantemente a riappropriarsi delle domande radicali, innescare una reazione che vuole operare per essere. Accettare e accogliere la morfologia del creato, accettare la configurazione del gioco della vita, gioco che vede l’identità come frutto della coscienza del singolo e vede la sua controversa abilità sensitiva di qualcosa che va oltre l’ordine attuale e materiale delle cose nel mondo. Da qui si possono scatenare speculazioni filosofiche che riempirebbero libri, ma vorrei riuscire a rendere più pratica questa riflessione contestualizzandola in un esempio più specifico.

Viviamo nell’era delle reti virtuali sociali (“social media”), evidentemente dotate di potenziali assurdi per una società che vota tutto a favore dell’efficienza, ma altresì ovviamente dotate di un potere distruttivo nei confronti di quelli che possiamo definire come rapporti autentici e sinceri tra esseri umani. Abbiamo in questo breve scritto trascurato tutto il discorso relativo alla necessità dell’uomo di identificare dei valori sui cui basare il suo operare quotidiano, sebbene essi rientrino sempre nelle strategie che si prefiggono di ordinare quel caos intrinseco che domina al nostro interno.


Uno dei valori chiave su cui si posa la dimensione sociale dell’uomo e il suo rapporto inter-persona è il suo rapporto nelle dimensioni sociali più ampie. Lo scenario della super connessione che si scorge oggi è evidentemente un nemico di questo valore, nella misura in cui svuota di contenuto e di profondità i legami che generiamo tra noi. L’unica modalità con cui possiamo approcciare questa situazione, pericolosa ma ormai dominante, in modo da essere in grado di difenderci e reagire in maniera costruttiva, decisa e al tempo stesso ragionevole, è quella di possedere gli strumenti di lettura del presente che trovano luogo in quell’atteggiamento critico e aperto definibile come filosofico.






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